mercoledì 23 luglio 2014

Lo straniero, A. Camus

Oggi la mamma è morta. O forse ieri, non so. Ho ricevuto un telegramma dall’ospizio: “Madre deceduta. Funerali domani. Distinti saluti.” Questo non dice nulla: è stato forse ieri.
L’ospizio dei vecchi è a Marengo, a ottanta chilometri da Algeri. Prenderò l’autobus delle due e arriverò ancora nel pomeriggio. Così potrò vegliarla e essere di ritorno domani sera. Ho chiesto due giorni di libertà al principale e con una scusa simile non poteva dirmi di no. Ma non aveva l’aria contenta. Gli ho persino detto: “Non è colpa mia.” Lui non mi ha risposto. Allora ho pensato che non avrei dovuto dirglielo.
[Lo straniero, A. Camus]

Come mi sono avvicinata a questo titolo

“Lo straniero” era nella mia wishlist da quattro anni, ormai. Mi avvicinai a questo titolo studiando Camus in Letteratura Francese al liceo e da allora sono passata ad osservarlo sullo scaffale della libreria diverse volte, l’ultima un paio di giorni fa quando ho deciso di comprarlo e portarlo a casa con me. Ieri mattina ho letto il primo capitolo e ho deciso che avrei finito la lettura entro la notte; un po’ per sfida personale (è passato tanto tempo dall’ultima volta che ho letto un libro in un giorno solo) un po’ perché sentivo che solo così avrei potuto apprezzarlo completamente. Così, mi sono lasciata trascinare, leggendo un capitolo ogni tanto nell’arco della giornata di studio.

Il libro

È un libro breve, 150 pagine, ma estremamente denso. Si apre con la morte della madre del protagonista Meursault (all’inizio del post è riportato proprio l’incipit del romanzo) un uomo che si dimostra indifferente a qualsiasi emozione tenti di avvicinarlo. È il suo punto di vista quello che ci viene offerto con una narrazione in prima persona che favorisce la comprensione di questa figura. Un uomo normale, ma appunto indifferente, vuoto, fino a sembrare quasi disumanizzato, estraneo al mondo. Una serie di avvenimenti lo porta ad uccidere un arabo, ma non è certo lo stimolo omicida il motore di questa azione in quanto sarebbe una passione, un sentimento forte. L’unico sentimento che Meursault dimostra provare è la noia. Tutto diventa assurdo e distaccato nel mondo dal punto di vista di Camus. Perché Meursault ha ucciso? È questa la domanda fondamentale, la cui risposta (che tacerò, per evitare spoiler) esprime la filosofia dell’opera. La seconda parte del libro traccia ancora più profondamente l’estraneità del protagonista quasi tagliato fuori ad osservare passivamente il proprio destino delinearsi discusso dagli altri senza che nessuno chieda a lui cosa ne pensa. Ma in fondo, come ci ricorda ripetutamente, egli non avrebbe nulla da dire. Questa dimensione di estraneità verrà portata all’estremo alla fine del romanzo dalle considerazioni di Meursault.

Perché leggere “Lo straniero”? 
Oltre ad essere un classico del Novecento e rappresentate dell'esistenzialismo (anche se Camus mai si considerò esponente della corrente)?
Se mai vi siete sentiti apatici e indifferenti al mondo questo titolo fa per voi. Da una parte vi farà sentire vicini al protagonista e vi sembrerà quasi di comprendere il suo pensiero, dall’altra vi farà percepire quella scossa fino a dire “no, io non sono così!”.

Considerazioni sulla figura di Meursault 

Spoiler! Continuate solo se avete letto o non vi infastidiscono gli spoiler, sono brevi considerazioni ma preferisco avvisare.


Il protagonista non è certo un personaggio positivo, ma la sua integrità me lo ha fatto percepire più simpatico di quanto pensassi inizialmente. Sarebbe bastata una minima finzione di pentimento per evitare la pena di morte eppure Meursault non si è dimostrato capace neanche di questo. Non che non abbia voluto salvarsi, credo non ne sia stato proprio capace.
La mamma diceva spesso che non si è mai completamente infelici. Ero d’accordo con lei nella mia prigione quando il cielo prendeva colore e una nuova giornata scivolava nella mia cella.
In fondo a che pro salvarsi?

Caro Harry Potter


Il signore e la signora Dursley, di Privet Drive numero 4, erano orgogliosi di poter affermare che erano perfettamente normali, e grazie tante. Erano le ultime persone al mondo da cui aspettarsi che avessero a che fare con cose strane o misteriose, perché sciocchezze del genere proprio non le approvavano. [...] Quando i coniugi Dursley si svegliarono, la mattina di quel martedì grigio e coperto in cui inizia la nostra storia, nel cielo nuvoloso nulla faceva presagire le cose strane e misteriose che di lì a poco sarebbero accadute in tutto il paese. [Harry Potter e la Pietra Filosofale, J. K. Rowling]



Vorrei poter credere che la mia storia abbia avuto inizio un martedì grigio e coperto proprio come quella di Harry. Non ho memoria dei dettagli di quel giorno per poterlo affermare con certezza, ma la licenza poetica mi permette qualche libertà e così farò, senza ulteriori indugi.


Recandomi a scuola, quel martedì grigio e coperto, nulla lasciava presagire che quel giorno, in qualche modo, avrebbe cambiato completamene la mia vita. Avevo circa 7 anni, forse 8, frequentavo la scuola elementare e anche se avevo imparato da poco a farlo già amavo leggere.
Quel giorno l’assenza di una maestra trasformò un’ora di lezione in un’ora di lettura. La docente sostitutiva chiese in prestito un libro ad un mio compagno di classe che lo aveva nello zaino per spostarlo dalla casa del papà a quella della mamma (forse, in un certo senso, devo ringraziare anche il loro divorzio) e lei iniziò a leggere, con la sua bellissima voce, le prime pagine di «Harry Potter e la Pietra Filosofale».

In realtà dovette passare molto tempo prima che potessi riavvicinarmi a quel libro perché, per quanto l’inizio mi aveva incuriosita mai andai in libreria a comprarlo. Permettetemi il romanticismo sfrenato, ma posso affermare che fu Harry Potter a scegliere me, proprio come una bacchetta che sceglie il mago.
Qualche tempo dopo, infatti, mia sorella maggiore iniziò a leggere quel libro, uno dei tanti nella sua lista di letture estive assegnate dalla professoressa di Italiano. Era l’estate dei miei 9 anni, forse 10, (sì, ho diversi dubbi sulle tempistiche di questa storia, ma il contenuto non cambia) e dopo più di un anno qualcuno, di nuovo, mi lesse di l’inizio di «Harry Potter e la Pietra Filosofale». Il mio cuore ebbe un fremito di gioia, mi feci prestare il libro e lo divorai, innamorandomene perdutamente. Tempo dopo acquistai i due volumi successivi della saga, proseguendo con il quarto – il mio preferito – fino all’attesa del quinto volume non ancora pubblicato.

Oggi, 21 luglio 2014, sono trascorsi sette anni dalla pubblicazione inglese del settimo libro e non so quantificare quante volte mi sono immersa nella lettura della serie.

Al momento, è in corso la mia prima lettura totalmente in inglese (ho concluso il terzo) ed è questo che probabilmente mi ha spinto a raccontare il mio primo incontro con la saga. E poi mi piace l’idea che il primo post di questo nuovo blog sia dedicato ad un libro per me così importante, non solo per la lettura in sé, ma la fissa per Harry Potter fu motore del mio interesse verso internet, fino a spingermi a conoscere persone che sono parte fondamentale della mia vita.



Nota: Inizialmente l'articolo era stato pubblicato su un'altra piattaforma il 21 luglio per questo non coincide con la data di pubblicazione.