sabato 19 settembre 2015

Il peso - Liz Moore

Come mi sono avvicinata a questo libro 

Martedì c'era un pacchetto per me tra la posta, una sorpresa speciale del mio ragazzo. Quando ha sentito accomunare questo romanzo a Stoner di John Williams (libro che ho adorato) ha deciso di regalarmelo. Lo so, sono una ragazza fortunata. 



Quarta di copertina

Arthur Opp mangia quello che vuole e tutte le volte che vuole. È talmente grasso che, come un violoncello imprigionato dentro una custodia, non esce più di casa. Da diciotto anni non fa più il professore, da una decina d’anni non sale ai piani superiori della sua casa. Tutto quello di cui ha bisogno è al piano terra, nel suo piccolo mondo. Per liberarsi dei rifiuti lancia i sacchi della spazzatura sul marciapiede dal primo gradino, a notte fonda, quando fuori è buio. Per mangiare ordina tutto su nternet. Pesa più di duecentoventi chili e gli manca il fiato quando fa più di sei o sette gradini, ma si sente al sicuro nel suo rifugio, lontano dalle illusioni, dalla crudeltà e dalle vane speranze della vita di fuori, a occuparsi soltanto dell’unica cosa che gli sta a cuore: il suo rapporto epistolare con Charlene Turner, una ex allieva che gli ha appena confessato di avere un figlio, Kel, un ragazzone di diciassette anni, una giovane promessa del baseball, di cui lui, Arthur, dovrebbe prendersi cura. Ma come può prendersi cura di qualcuno o di qualcosa quel vecchio professore rintanato nel chiuso della sua casa?
Struggente romanzo, Il peso ha rivelato il talento di Liz Moore sulla scena letteraria internazionale.


Recensione (breve ed essenziale)

È difficile staccarsi da questo libro e non divorarlo, grazie anche alla narrazione alternata del punto di vista dei due personaggi (ed usando il trucco più vecchio del mondo di cambiare punto di vista nei momenti scottanti).
Ci sono molti elementi e forse ad alcuni questo potrebbe dare fastidio ed essere considerata un'esagerata quantità di carne sul fuoco, ma io l'ho apprezzato e trovato piuttosto realistico. Del resto la vita è così: non hai mai una sola situazione davanti. Penso che la Moore sia riuscita a rendere bene i vari elementi: dalla autoreclusione di Arthur, alla passione per il Baseball di Kel fino - e soprattutto - alla solitudine che pervade i personaggi principali per tutto il libro. Con un senso di speranza che non ti abbandona, aiutandoti passo dopo passo.

venerdì 14 agosto 2015

Ieri sera sono andata a cena fuori. Essendo ancora immersi in questo agosto bollente ho indossato un vestitino leggero e un paio di tacchi, nuovissimi con la suola ancora pulita, non ho resistito dal calzarli nonostante prevedessi una serata tranquilla che non richiedeva eleganza.
Verso le 20:30 ho incontrato un paio di amici, abbiamo mangiato, riso e scherzato proseguendo la nostra serata con una passeggiata sul lungotevere, centro della movida romana in questo periodo.
A mezzanotte e mezza ci siamo salutati e sono montata in macchina per tornarmene a casa.
Non ho un parcheggio interno, perciò ho fatto un giro del palazzo e cercato quello più vicino, individuato a 2 minuti a piedi dal mio portone. Lì è iniziato a salirmi il cuore in gola: avevo già tutto in borsa, perciò ho solo chiuso l'auto al volo e pescato le chiavi di casa, strette in pugno come arma. Il mio è un quartiere tranquillo della Capitale, abitato soprattutto da famiglie e anziani, difficilmente si sentono Brutte Storie qui. Ma in realtà le Brutte Storie le sento sempre ovunque: telegiornali, internet e quotidiani sono pieni di notizie di cronaca di donne vittime di violenza.
Chi mi conosce lo sa, non sono una fifona, ma in certi momenti, sola, in un quartiere isolato e silenzioso a causa dell'esodo estivo di metà agosto, ho paura. Ho paura e credo che molte donne avrebbero optato, come me, per allungare il passo il più possibile - nonostante i tacchi - per correre al riparo al di là del portone del mio palazzo.
Per una lotta parto svantaggiata. Un metro e mezzo più un paio di vigorsol distribuiti su meno di cinquanta chili possono poco conto un ipotetico aggressore. Ogni tanto faccio la lotta con il mio il ragazzo per fuggire al suo solletico e nonostante io pratichi kickboxing da quattro anni lui vince sempre, perché è un uomo, è forte e più grosso di me, ma con lui è divertente perdere e ridere senza forze.
Ho paura.
Paura quando cammino per strade isolate, sopratutto di notte.
Paura perché sono una donna, sono debole e una vittima facile. Ma affronto tutto questo stringendo in pugno le mie chiavi. Non rinuncio ad un'uscita solo perché non ho il passaggio sotto casa con l'amico che aspetta che tu sia entrata nel portone prima di mettere in moto e andare via. Non rinuncio ai tacchi perché con le scarpe da ginnastica si scappa meglio (e tanto, anche fosse, dove vuoi scappare?).
Evito di prendere gli autobus notturni da sola perché ho la fortuna di poter guidare l'auto di mia mamma, ma se non avessi questo privilegio? Dovrei rinunciare alle uscite serali o vivere nella paura alla fermata del notturno?
Da bambina, per un periodo ho desiderato di essere un maschio: non mi piacevano le gonne e non sopportavo le mestruazioni (e molti miei amici maschi la domenica non dovevano "aiutare la mamma a spolverare", ma questa è un'altra storia). Oggi a 24 anni sono molto felice della mia femminilità, ho trovato il mio equilibrio, ma ogni tanto vorrei ancora essere maschio per non vivere la paura ogni notte che rientro sola a casa.
Meglio ancora sarebbe non dover avere paura perché solo perché sono una donna.